Le fonti che sono state
fondamentali per l’espressione della posizione “contro” il consumo di carne
sono:
www.scienzavegetariana.it sito di SSNV (Società Scientifica di
Nutrizione Vegetariana) un’associazione non-profit fondata nel 2000 formata da
professionisti, studiosi e ricercatori in diversi settori (Nutrizione, Medicina
e settori connessi, Ecologia della nutrizione ed impatto ambientale,
Giurisprudenza) dichiaratamente favorevoli alla dieta vegetariana ed alla sua
diffusione naturalmente con l’obbiettività di chi è medico e la fondatezza di
ricerche comprovate. Ampie parti di questa sezione sono ispirate e spesso
tratte da questo sito vista la completezza ed i vari studi riportati che
interessano l’argomento, abbiamo inoltre intervistato il presidente di questa
associazione, la dottoressa Luciana Baroni. Un’altra importante fonte è lo
studio “The China Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell II definito
da varie recensioni come uno dei più importanti ed imponenti studi sulla
nutrizione condotti finora (durato ben 27 anni). Un’altra importante fonte
sono stati gli studi sull’argomento fra
cui l’Oxford VegetarianStudy ed uno apparso sul JAMA (The Journal of the
American MedicalAssociation) il primo per quanto riguarda l’aspetto
nutrizionale, il secondo per quanto riguarda la correlazione fra carne e cancro
al colon. Quindi questi sono i punti di riferimento di questa controversia per
quanto riguarda la “fazione” contro il consumo di carne.
Essi ritengono che vi siano varie
credenze totalmente infondate riguardo il valore nutrizionale della carne fra
cui spicca quella che vede le proteine animali indispensabili o migliori
rispetto a quelle di origine vegetale. Vari studi hanno
contribuito nel dimostrare come le diete vegetariane e vegane siano perfettamente
in grado di coprire il fabbisogno proteico di qualunque persona a condizione
che gli alimenti vegetali vengano consumati nella corretta variabilità in modo
da soddisfare il fabbisogno energetico. Infatti, nonostante le proteine animali
siano definite “nobili” in quanto contengono tutti gli amminoacidi essenziali
nelle giuste proporzioni, mantenendo una dieta vegetariana o vegana
correttamente bilanciata (www.vegpyramid.it) è tranquillamente possibile
raggiungere il corretto quantitativo di questi ( tramite principalmente cereali
e legumi). Inoltre il vantaggio di ricavare le proteine dai cibi vegetali consiste nel soddisfare i propri bisogni
alimentari evitando di introdurre colesterolo e grassi saturi, notoriamente
deleteri per la salute ed inevitabilmente presenti in tutti i cibi animali.
Inoltre le proteine vegetali risultano, grazie all’alto livello di glucagone,
attive nella riduzione del livello di insulina che rappresenta un fattore di
rischio per l’obesità. Nella ricerca The China Study vi è un facile riscontro
empirico riguardo gli effetti nutrizionali del quasi nullo consumo di carne, lo
studio è riferito infatti alla popolazione cinese, in particolare quella
rurale, caratterizzata da un’alimentazione largamente basata su cibi di origine
vegetale. Questo si ripercuote sulla nutrizione, infatti in Cina l’apporto
calorico è molto più alto, a fronte di meno grassi, meno proteine, di una
quantità maggiore di fibre e di ferro. Queste differenze dietetiche si
ripercuotono poi sui livelli di colesterolo, di antiossidanti e sulla varietà
di malattie.
Per quanto riguarda l’assunzione
del ferro, altra base sulla quale comunemente si fonda il valore nutrizionale
attribuito alla carne, essa è facilmente attuabile tramite legumi, cereali,
cavoli, broccoli e frutta secca. Queste fonti forniscono grandi quantità di
ferro in forma non-eme che però è maggiormente sensibile ai vari fattori che
potrebbero influenzarne l’assorbimento rispetto al ferro in forma eme, in caso
di riduzione dei livelli ematici di ferro comunque l’organismo è in grado di
modificare il grado di assunzione di ferro non-eme in modo da evitare carenze. Allo
stesso modo è possibile assumere la necessaria quantità di zinco tramite
legumi, semi zucca, muesli e cereali integrali, e di calcio tramite cavolfiore,
fagioli ecc… Questa sostituibilità vale anche per lo iodio, per i grassi Omega
3( tramite ad esempio le noci) e per tutte le vitamine, compresa la B 12 (latte
di soia).
Oxford Vegetarian Study
E’ quindi ormai evidente come la
carne sia sostituibile nella nostra dieta e come un’alimentazione basata su
alimenti di origine vegetale e frugivora possa fornire tutto il nostro
fabbisogno energetico giornaliero.A questo punto è d’obbligo presentare il
secondo argomento già preannunciato che si svolge attorno la seguente domanda:
La carne è nociva all’essere umano? Ebbene si, recenti studi sembrano
dimostrare un collegamento diretto fra
consumo di carne e l’insorgere di malattie quali il cancro al colon-retto ed a
sintomi quali coronaropatia, diabete, ipertensione ed in generale a problemi
cardiovascolari e dismetabolici. Uno degli studi di maggiore importanza
riguardo la relazione fra tipo di dieta e patologie conseguenti è l’Oxford
VegetarianStudy. L'Oxford Vegetarian Study è uno studio a lungo termine e su
scala nazionale concernente lo stato di salute di 6000 persone che non
consumano carne (soprattutto vegetariani ma anche qualche consumatore di pesce)
e di 5000 persone che ne consumano, usate come gruppo di controllo.Ecco qui
alcuni rapporti (riportati da www.scienzavegetariana.it) che questo studio è
riuscito a dimostrare:
Dieta e livelli di
colesterolo
I livelli di colesterolo totale,
LDL e HDL furono confrontati in ognuno dei quattro gruppi (vegani, vegetariani,
consumatori di pesce e consumatori di carne) in uno studio pubblicato nel 1987.
I livelli di colesterolo totale (CT) e di colesterolo-LDL (LDL-CT) risultarono
entrambi significativamente inferiori nei vegani rispetto ai consumatori di
carne, mentre i vegetariani e i consumatori di pesce avevano valori intermedi e
tra loro simili. I livelli di colesterolo HDL (HDL-CT) erano simili in tutti i
quattro gruppi. Le differenze suggerivano che l'incidenza di coronaropatia
(arteriosclerosi coronarica, NdT) può essere inferiore del 24% nei vegetariani
e inferiore del 57% nei vegani rispetto ai consumatori di carne. Una successiva
analisi delle diete di un campione di 208 partecipanti (52 per ogni gruppo
dietetico) ha mostrato che è importante il tipo più che la quantità di grassi
nel determinare i livelli di colesterolo e che gli individui attenti alla
propria salute selezionano attentamente i grassi nella loro alimentazione
piuttosto che scegliere semplicemente una dieta ipolipidica.
Consumo di carne e
appendicectomie d’urgenza
La frequenza di appendicectomie
d'urgenza (appendicite acuta) fu comparata sulla base della storia di consumo
di carne dei partecipanti, in uno studio apparso sulla rivista Journal of
Epidemiology and Community Health. I partecipanti furono raggruppati a seconda
che avessero sempre mangiato carne, mai mangiato carne o smesso di mangiarne.
La percentuale di persone che riferivano di aver subito una appendicectomia
d'urgenza era più alta tra i consumatori di carne (10.7%) rispetto a chi non ne
ha mai consumata (7.8%) e a chi ha smesso di mangiarne (8.0%). Inoltre nel
primo gruppo le operazioni furono eseguite ad un'età inferiore nel primo gruppo
(età media all'intervento rispettivamente di 18.9, 26.0 e 19.6 anni). Il
rapporto complessivo di appendicectomie d'urgenza adattato per età tra i
partecipanti che non mangiavano carne rispetto ai carnivori era di 0.47, dato
che suggerisce che il rischio dei vegetariani di doversi sottoporre a questa
operazione è di circa il 50% inferiore rispetto ai non vegetariani.
Incidenza di dieta,
stile di vita e caratteristiche fisiche sulla concentrazione di colesterolo
L'effetto dei fattori dietetici,
fisici e dello stile di vita sui livelli di colesterolo totale e di
colesterolo-HDL nei partecipanti, fu indagato in uno studio pubblicato nel Journal
of Human Nutrition and Dietetics. Livelli elevati di colesterolo totale sono
associati con un aumentato rischio di cardiopatie ischemica, mentre livelli
elevati di colesterolo-HDL avrebbero, al contrario, un effetto protettivo. Dopo
aver adattato i dati tenendo conto dell'età, si è notato che vi era una
graduale diminuzione dei livelli di colesterolo totale dai consumatori di carne
ai vegani, sia per i maschi che per le femmine, mentre i vegetariani avevano
valori intermedi. Al contrario i livelli di colesterolo-HDL sono risultati
simili in tutti i gruppi, sia per i maschi che per le femmine. Quando furono
esaminati gli effetti di specifici fattori dietetici o dello stile di vita, si
scoprì che il consumo di carne e latticini aumenta il colesterolo totale,
mentre un alto consumo di fibre era associato con una riduzione dei livelli di
colesterolo totale in entrambo i sessi. In accordo con altri studi, l'indice di
massa corporea (BMI, una misura dell'obesità) e il consumo di alcool erano
associati rispettivamente con una diminuzione e un aumento dei livelli di
colesterolo-HDL in entrambo i sessi. Questi risultati contribuiscono a
dimostrare l'effetto sulla riduzione dei livelli ematici di colesterolo da
parte di una dieta vegetariana con un alto contenuto di fibre e un uso limitato
di formaggio. Escludere la carne dalla dieta potrebbe comportare una riduzione
del 15-25% del rischio delle patologie coronariche, con un ulteriore effetto
benefico della stessa entità, se anche il formaggio viene eliminato dalla
dieta.
Dieta e cardiopatia
ischemica
La cardiopatia ischemica è la più
comune causa di morte in Gran Bretagna e in molti altri paesi sviluppati. Una
precedente analisi dei dati dello studio ha mostrato che chi non mangia carne
ha un rischio inferiore del 28% di morire per cardiopatia ischemica prima degli
80 anni rispetto ai consumatori di carne, dopo aggiustamento dei dati per fumo,
indice di massa corporea e classe sociale. Tuttavia rimaneva ancora da chiarire
quale fattore dietetico potesse spiegare questa differenza. Pertanto in una
recente analisi sono stati esaminati gli effetti di vari fattori dietetici
sulla mortalità per IHD. I partecipanti sono stati raggruppati non solo secondo
la dieta (carnivori, semi-vegetariani. Vegetariani/vegani) ma anche secondo il
consumo di vari cibi e alcool, sulla base delle risposte ad un questionario. I
partecipanti sono stati divisi anche in tre gruppi a seconda del consumo
stimato di grassi totali, grassi saturi, e colesterolo derivato da animali di
terra e in tre gruppi sulla base del consumo di fibre calcolato a partire dal
consumo riportato di cibi ricchi di fibre. L'analisi principale è stata
ristretta ai partecipanti che non avevano patologie cardiovascolari o diabete
al momento del reclutamento. Di essi 392 sono morti prima degli 80 anni di età
di cui 64 per IHD. Dopo aggiustamento per fumo, sesso, età e classe sociale, i
vegetariani e i vegani avevano un rischio di morire di IHD inferiore del 17%
rispetto ai consumatori di carne (cioè i partecipanti che mangiavano carne
almeno una volta alla settimana) sebbene il risultato non fosse statisticamente
significativo. Il risultato più impressionante ottenuto dall'analisi dei dati è
la correlazione positiva, altamente significativa, tra il consumo di grassi
animali e la mortalità per IHD, essendo essa circa tre volte maggiore tra i
partecipanti appartenenti al gruppo caratterizzato dal maggior consumo di
grassi animali totali, grassi animali saturi e colesterolo della dieta rispetto
al gruppo con minore consumo. Anche il consumo di uova e formaggio è risultato
positivamente associato con la mortalità per IHD, ma non è stato notato nessun
effetto protettivo per le fibre, il pesce e l'alcool, come si sarebbe potuto
prevedere dai risultati di altri studi.
Un altro studio in cui sono
emerse relazioni fra consumo di carne e malattie è il già citato “The China
Study” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell. I due studiosi procedono
dividendo le malattie presenti in Cina in “malattie dell’abbondanza” e
“malattie della povertà” seguendo appunto una divisione basata sul reddito vista
la totale differenza di dieta che questo comporta. La dieta cinese era, come
già detto, largamente basata su alimenti vegetali, i ricercatori hanno però
notato che più le persone erano abbienti, più consumavano cibi di origine
animale, spesso inoltre, soprattutto vicino alle grandi città, questo tipo di
alimentazione diventava un vero e proprio “status symbol”. La suddivisione
delle malattie si compone quindi così:
Gruppi di Malattie
Malattie dell’Abbondanza
• Malattia
coronarica, Ictus, Ipertensione
• Cancro della
mammella, del colon, della prostata, del polmone, del sangue, del cervello
(bambini)
• Diabete
• Osteoporosi
Malattie della Povertà
• Polmonite,
Tubercolosi polmonare
• Malattie digestive,
Ostruzioni intestinali, Ulcera peptica
• Cancro dello
stomaco e del fegato
• Malattie infettive
• Malattie da
parassiti
• Nefrite
• Eclampsia, Malattie
della gravidanza
• Reumatismo
cardiaco
Come si può notare le malattie
dell’abbondanza sono molto presenti anche nelle società occidentali ed il
dottor Campbell quindi afferma che “È difficile enfatizzare a sufficienza
l’importanza delle pratiche dietetiche e nutrizionali come causa principale
delle malattie degli Americani, le contee Cinesi con uno stile di vita più
ricco hanno mostrato un chiaro passaggio dalle malattie della povertà alle
malattie dell’abbondanza. Ma le malattie dell’abbondanza non sono inevitabili.
Una Società che si può permettere igiene, refrigerazione e cibo in abbondanza,
può sconfiggere pure le malattie dell’abbondanza semplificando la propria
alimentazione e mangiando più cibi come colti.”
Anche in questo studio sono
presenti i legami fra consumo di carne e problemi riguardanti la concentrazione
di colesterolo “La differenza nei
livelli di colesterolo nel sangue riflette in larga misura il consumo
marcatamente diverso di carne rossa e bianca, uova e latticini. Questi sono i
marcatori per l’introito di colesterolo, proteine animali e grassi saturi, emerge
sempre più chiaramente che alti valori di colesterolo nel sangue sono il più
importante fattore predittivo di malattia cardiaca, cancro e diabete”.
Sono inoltre presentati altri effetti
che la dieta dell’abbondanza può provocare, ad esempio per quanto riguarda vari
tipi di cancro fra cui il cancro alla mammella, cancro al colon ed alla
prostata.
Per quanto riguarda il cancro
alla mammella gli studiosi hanno rilevato che le morti per questa causa erano
spesso associate a: elevate assunzioni di grassi con la dieta e alti livelli di
colesterolo nel sangue, estrogeni ed elevati livelli di testosterone nel sangue,
menarca precoce e menopausa tardiva. Per quanto riguarda il primo elemento esso
è, come già spiegato in precedenza, collegato alla dieta, ma gli estrogeni?
Questo studio ha trovato che l’aggiunta di quantità anche piccole di latte,
carne e grassi alla dieta Cinese tradizionale basata su cibi vegetali, può far
aumentare i livelli di estrogeni e altri ormoni sessuali. I ricercatori hanno
pure trovato che le donne Cinesi di età compresa tra i 35 e i 60 anni di età avevano
livelli di estrogeni nel sangue molto più bassi delle donne Britanniche della
stessa età. Inoltre, le donne Cinesi avevano livelli molto più elevati di una
proteina “buona” che si lega agli estrogeni nel sangue, rendendoli così molto
meno attivi nello stimolare il cancro della mammella. Hanno inoltre trovato che
le donne che mangiavano più grassi e prodotti animali avevano non solo livelli
di testosterone più elevati, ma anche più alti tassi di cancro della mammella.
Lo stesso si può dire dell’epoca del menarca e della menopausa infatti i
ricercatori hanno trovato che il ciclo mestruale delle donne Cinesi comincia di
norma a 17 anni e termina intorno ai 44. In America, invece, il ciclo mestruale
comincia di norma sotto i 12 anni e termina intorno ai 48. Questo significa che
le donne Cinesi hanno circa 8-10 anni in meno, rispetto alle donne Americane,
di ondate ormonali associate a un maggior rischio di cancro della mammella.
La correlazione fra livello di
ormoni e cancro si può riscontrare anche per quanto concerne il cancro alla
prostata. Infatti la produzione di testosterone viene accelerata da
un’alimentazione ricca di proteine animali, mentre un’alimentazione povera di
proteine animali e di grassi, e contestualmente ricca di fibre, ne rallenta la
produzione e ne accelera l’eliminazione. Inoltre i cibi vegetali, oltre a
contenere certi antiossidanti e vitamine, contengono gli estrogeni delle
piante, che aiutano a normalizzare il rapporto testosterone/estrogeni. È stato
verificato che gli uomini la cui dieta è ricca di cibi contenenti fitoestrogeni
(come fagioli di soia e piselli) sono meno a rischio di sviluppare il cancro
della prostata.
In generale “The China Study” ha
mostrato la relazione fra consumo di carne e cancro passando per le proteine
animali infatti i villaggi con diete ricche di carne esibivano tassi di
incidenza di cancro molto più elevati rispetto ai villaggi con diete povere di
carne. Inoltre la carcinogenesi è apparentemente attivata da un’alimentazione
ricca di proteine animali (e grassi) e disattivata da un’alimentazione ricca di
proteine vegetali (e povera di grassi). Questo vale persino se il cancro è già
insorto. I dati del Progetto Cina evidenziano come la dieta della maggior parte
delle persone che vivono in zone rurali contiene solo 4 grammi di proteine
animali, mentre l’alimentazione Occidentale ne contiene 71 grammi.
Per quanto riguarda il cancro al
colon è meglio citare il più completo studio apparso su JAMA (Journal of the
American MedicalAssociation) e compiuto da AnnChao, PhD; Michael J. Thun, MD,
MS; Cari J. Connell, MPH; Marjorie L. McCullough, ScD; Eric J. Jacobs, PhD; W.
Dana Flanders, MD, ScD; Carmen Rodriguez, MD, MPH; RashmiSinha, PhD ed Eugenia E. Calle, PhD. Questo studio è
complesso ed articolato ed aveva come obiettivo l’esaminare la relazione fra
consumo di carne a breve e lungo termine ed il rischio di contrarre cancro al
colon ed al retto. Il campione era composto da 148600 adulti fra i 50 ed i 74
anni residenti in 21 diversi Stati americani i quali potevano fornire dei
registri sulla popolazione affetta da cancro fra il 1982 ed il 1993. La ricerca
ha dimostrato infine l’esistenza di una relazione diretta fra consumo a lungo
termine di carni rosse e processate e cancro al colon-retto. Come già detto la
ricerca è complessa ed interessante e per questo è consigliabile leggerla ed
analizzarla anche per conto proprio. (Ecco qui il link
http://jama.jamanetwork.com/article.aspx?articleid=200150#Abstract
).
Intervista
Ecco infine l’intervista con la
dottoressa Luciana Baroni, presidente di SSNV, specialista in Neurologia, Geriatria e Gerontologia, con
master internazionale in Nutrizione e Dietetica ed esperta in alimentazione a
base vegetale.
D- Cosa pensa della relazione fra
evoluzione e nutrizione e come risponderebbe a chi propone elementi evolutivi a
sostegno dell’onnivorismo dell’uomo?
R- La sopravvivenza di una specie
è legata alla capacità di adattarsi all'ambiente in cui vive, in modo da
poterne utilizzare al meglio le risorse. Il fatto che l'evoluzione umana abbia
attraversato un breve periodo di onnivorismo ha pesantemente compromesso le
risorse ambientali mettendo la nostra specie a rischio di estinzione. Solo
l'ulteriore evoluzione verso il vegetarismo permetterà alla specie umana di
sopravvivere nel proprio ambiente.
D- Come sappiamo Lei cita spesso
studi epidemiologici che dimostrano come i vegetariani godano di una salute
migliore rispetto agli onnivori. Conoscendo come sono metodologicamente
strutturati questi studi, come risponderebbe a chi sostiene che il fatto che i
vegetariani godano di una salute migliore sia un effetto unicamente legato al
loro stile di vita( più sobrio e limitato negli eccessi) e non a dinamiche
legate al regime alimentare e nutrizionale che conducono?
R- Chi pone queste obiezioni non
ha la più pallida idea di cosa sia uno studio scientifico: non è una raccolta
casuale di dati o di aneddoti, ma risponde a un disegno ben preciso, che si
prefigge di analizzare alcune correlazioni tra variabili in causa, ma che deve
altresì annullare l'effetto dei fattori confondenti. Pertanto gli studi più
rigorosi, che sono molti, sui rapporti tra alimentazione e salute, prevedono
l'aggiustamento, cioè l'eliminazione dell'effetto sui risultati stessi di
variabili diverse di quelli di cui si vuole indagare la relazione. Nelle
fattispecie, i risultati vengono ottenuti eliminando l'influenza dei fattori confondenti che
vengono altresì analizzati ed elaborati statisticamente.
D- Cosa pensa del livello
d’informazione a cui i cittadini italiani possono attingere riguardo ai rischi
inerenti il consumo della carne ed alla dieta vegetariana e vegana?
R- Il consumo di carne e la dieta
vegetariana godono di una visibilità molto bassa, in quanto sono contro la
logica del profitto che ormai governa e condiziona ogni nostra scelta. Solo chi
dispone di mezzi di informazione più raffinati di quel che può essere una TV o una radio ha
accesso a fonti di informazione su questi argomenti. E scopre un oceano di
informazioni nascoste, incredibili ma vere.
D- Qual è la Sua opinione
riguardo lo studio del JAMA (The Journal of the American MedicalAssociation)
sui rischi del consumo di carne e le possibilità di contrazione del cancro al
colon-retto? Ritiene che molte persone deciderebbero di modificare la propria
dieta se fossero a conoscenza dei rischi riguardanti il consumo di carne e di
pesce?
R- E' appena uscito sul Journal
of CancerEpidemiology (per ora solo on-line) un paper del gruppo del prof.
Fraser sull'incidenza di cancro nei vegetariani (69.120 soggetti), da cui
risulta che la dieta vegan è protettiva nei confronti di tutti i tipi di cancro
e nei confronti dei tumori femminili, mentre la dieta latto-ovo risulta
maggiormente protettiva nei confronti dei tumori de tratto gastrointestinale.
Tuttavia non credo che la paura
del cancro, e la paura delle malattie in generale, possa spostare grossi numeri
verso la scelta di un'alimentazione vegetariana, ma forse mi sbaglio. Credo che
la scelta sia prevalentemente una scelta nobile, compiuta quindi per motivi
altruistici (ambiente-animali-fame nel mondo). Gli effetti sulla salute sono
comunque un gradito by-product di queste motivazioni.
D- In generale non ritiene che in
un periodo storico come il nostro, salutista e cancro-fobico, la divulgazione
vegetariana dovrebbe essere incentrata maggiormente su questo tipo di
sensibilizzazione (nutrizionale e preventiva)
rinunciando, almeno parzialmente, all’ormai classico riferimento alla
senzietà ed alla sofferenza degli animali?
R- Molte persone che seguono
motivazioni salutistiche compiono spesso scelte estreme e scarsamente
condivisibili, che portano verso una dieta troppo restrittiva e quindi
squilibrata. La fobia di purificare il corpo, di eliminare tossine eccetera
porta a compiere delle scelte alimentari a volte disastrose. Quindi io credo
che questo tipo di tendenza non faccia bene al vegetarismo, perché genererà
individui che, alla ricerca estrema della salute, svilupperanno problemi di
salute che rappresenteranno un pessimo esempio di dieta vegetariana
squilibrata. Si può essere invece vegetariani seguendo un'alimentazione che è
in grado di di fornire tutti i nutrienti necessari, cioè adeguata oltre che
salutare. (vedi es. www.vegpyramid.info). Credo invece che supportare con
informazioni e consigli a tutela della salute chi decide di divenire
vegetariano per motivi non salutistici sia il minimo dei doveri per un
professionista della salute.
D- Spesso le persone consultano
il proprio medico di famiglia riguardo la propria nutrizione oppure un pediatra
per quanto riguarda quella dei figli, ritiene che la preparazione di queste due
tipologie di medici sia adeguata per fornire suggerimenti riguardo questo
argomento? Inoltre cosa pensa della preparazione dei medici nutrizionisti o dei
dietologi che le persone potrebbero incontrare personalmente o tramite mezzi di
altro tipo (televisione, riviste ecc..)?
R- Non c'è una sufficiente
preparazione, purtroppo, in queste figure professionali. La preparazione è
affidata esclusivamente alla buona volontà e all'interesse
"intellettuale-professionale" del singolo professionista. C'è ancora
molto da fare in questo campo, e come Società Scientifica di Nutrizione
Vegetarianaabbiamo un'attenzione e un impegno particolari verso queste
problematiche.
D- Secondo la Sua esperienza la
mancanza di informazione riguardo il rapporto carne-cancro è l’unica
motivazione per cui le persone non cambiano la propria dieta? O vi è una
riluttanza di fondo ad accettare l’idea di avere una dieta vegetariana? E, se
esiste questa riluttanza, secondo Lei è da attribuirsi maggiormente all’effetto
di stereotipi negativi sui vegetariani o alla paura di incorrere in deficit
nutrizionali?
R- Non capisco perché insistiate
solo sul cancro. Sono ben più forti i rapporti con altre gravi malattie come
quelle cardiovascolari e dismetaboliche, malattie gravi perché invalidanti o
mortali. Il cancro è quella meno studiata e che forse fa meno danni. La
riluttanza è data semplicemente dal fatto che per muoversi in questa direzione
bisogna cambiare le proprie abitudini, e che l'informazione a riguardo ha ben
ottenuto lo scopo di generare incertezze e possibilismi di cavarsela comunque,
qualunque cosa si mangi.
D- Cosa pensa degli studi del
professor Loren Cordain sulla paleodieta?
R- No Comment. Mi spiace, non
rispondo mai a questo genere di domande.
D- Il consiglio comunale di Gent
(Belgio) ha deciso di introdurre una giornata senza carne nella ristorazione pubblica
collettiva e nelle scuole e di offrire nelle altre giornate valide alternative
vegetariane alla carne. Nelle scuole è stato istituito un programma didattico
parallelo sull’argomento e nell’ufficio del Turismo distribuiscono piantine in
cui sono segnalati i ristoranti che aderiscono all’iniziativa. In Italia l’idea
è stata promossa per la prima volta in Alto Adige alla fine del 2010 da un
insieme di 22 associazioni locali. La reazione del pubblico per entrambe queste
iniziative è stata positiva. Secondo Lei quest’idea potrebbe essere applicata
anche in altre città italiane?
R- Uno studio relativamente
recente dimostra come un solo giorno alla settimana di dieta vegan sia
maggiormente efficace, in termini di riduzione di effetto serra, di 365
all'anno da locavori. E poi c'è l'aspetto educativo, mostrare alle persone come
i cibi animali non siano gli unici ad avere gusto e come sia possibile mangiare
in modo splendido con ingredienti esclusivamente vegetali. Sarebbe certamente
un buon inizio, ma solo l'inizio di una strada che deve portarci molto più
avanti verso l'eliminazione di tutti i cibi animali dalla nostra dieta.
VIDEO: Documentario "A Delicate Balance"